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Christian Elze Autorentext

Autore: Carl Christian Elze

Traduzione: Maria Giuliana

Il Presidente

Il Presidente si svegliò e faceva fatica a respirare. La luce come sempre si era accesa da sola, esattamente alle 5.00 del mattino. Un animale nero, appiccicoso e puzzolente giaceva sul suo petto, raggomitolato come un cucciolo, russava e aveva il respiro ansante, pesante come una roccia. Quando il presidente premette con fatica l’interruttore sul comodino, l'animale si liquefece e scese dal letto come un rivolo scuro, scomparendo senza lasciare traccia sulla moquette, come ogni mattina. La pressione si allentò e si raddrizzò sul cuscino. Fece alcuni respiri profondi e guardò l'icona della Vergine Maria con il Bambino Gesù appesa dietro la scrivania. Il palazzo presidenziale non si era rivelato più abbastanza sicuro per lui; dall'inizio della guerra si era rifugiato nella sua fortezza sotterranea.

La porta si aprì e uno dei suoi servitori di palazzo gli augurò il buongiorno, tirò le tende dietro le quali c'erano finestre dipinte e, come al solito, posò sulla scrivania un telefono satellitare a prova di intercettazione. Era ora di alzarsi. Il servitore lasciò la stanza con un inchino. Il Presidente a quell'ora non poteva ancora bere caffè, anche se lo desiderava, il suo stomaco se ne sarebbe risentito immediatamente e avrebbe fatto esplodere una bomba di acidità.

Il Presidente si alzò, indossò la sua uniforme militare, un’uniforme di fantasia, e si sedette dietro la scrivania lunga quattro metri e decorata a mosaico. Nessuno tra sue forze armate, nessuno al mondo aveva un'uniforme paragonabile, con un simile numero di distintivi e finiture dorate. E questo era tutto ciò che contava, pensava il Presidente, l'uniforme doveva essere incomparabile per ottenere il bene del suo popolo.

Chi avrebbe dovuto chiamare per primo: i generali del fronte orientale o quelli del fronte meridionale? Non riusciva a decidersi, gli mancava il caffè, gli mancava inesorabilmente. Ieri c'erano stati sfondamenti da parte del nemico su entrambi i fronti, sebbene lui, il presidente, solo tre giorni fa, aveva annesso per legge i territori conquistati al Grande Impero.

C’erano state celebrazioni spettacolari sottoterra. La sala dei banchetti del bunker era una copia perfetta fin nei minimi particolari della grande sala dorata del palazzo, per dimostrare al nemico che nel Grande Impero non erano necessarie misure precauzionali. Nel suo storico discorso cerimoniale, aveva ancora una volta minacciato il nemico, senza mezzi termini, che sarebbe ricorso alla più potente delle armi potenti, se il nemico non avesse voluto accettare i nuovi confini e quindi la sacra legge del presidente. Da quando aveva iniziato la grande GdP, la grande Guerra di difesa Patriottica, e invaso il nemico dal ventre molle non solo si era astenuto dal caffè fino al pomeriggio, ma si era anche proibito qualsiasi rapporto sessuale, per non indebolire in alcun modo la sua concentrazione. Fronte meridionale o fronte orientale? Non riusciva ancora a decidersi. Il nemico veniva sostenuto da così tanti altri nemici che non si accorgeva più della propria fiacchezza. Ma si trattava di una percezione fondamentalmente sbagliata, perché una volta fiacco, sempre fiacco, e una volta forte, sempre forte. Una propria sconfitta era impensabile, inaccettabile, inammissibile, mai, pensò il Presidente e afferrò il telefono satellitare. Il suo popolo confidava nella sua forza, solo la sua forza lo aveva reso quello che era ora, un leader mondiale. Ma mai come adesso nella sua vita la sua forza era stata così necessaria e così gradita a Dio. In questo era in completo accordo con il capo religioso del suo impero. Si trovava tra due sponde: da una parte il paradiso, la vittoria completa e totale che gli spettava, e dall'altra l'inferno, l’inimmaginabile sconfitta e l’umiliazione. Nessuno avrebbe potuto spingerlo volontariamente in questo inferno. Ma perché trovava ancora così difficile nuotare direttamente verso la riva paradisiaca, perché si trovava ancora in mare aperto, nel bunker? Forse perché troppo spesso si trovava a pensare ai suoi quattro figli piccoli? 2, 4, 7 e 8 anni, tre maschi e una femmina. Sempre più spesso capitava che pensasse a loro e la vittoria, la riva paradisiaca, gli sembrava improvvisamente troppo pericolosa per loro. Forse questa volta la riva vittoriosa poteva essere raggiunta solo attraverso l’ arma più potente tra le armi potenti. E il nemico? Come avrebbe reagito il nemico? C'era il rischio che anche lui potesse rivolgere la sua arma potente tra le più potenti contro di lui e i suoi figli, contro la sua stessa carne e il suo stesso sangue. Ma chi dovrebbe governare il suo Grande Impero un giorno, se non loro? Era ipotizzabile che il nemico, anzi, tutti i suoi nemici messi insieme, potessero impazzire completamente se avesse usato la più potente di tutte le armi potenti, pensò il Presidente in modo più nitido quella mattina di qualsiasi altra mattina. Era ipotizzabile che non avessero alcuna morale e amore in sé e che anche loro potessero rivolgere le loro armi più potenti contro il suo regno e i suoi figli. Che tipo di persone erano?

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